martedì 27 gennaio 2009

Canto V



Il Canto V è uno dei più belli e intensi della Commedia, inizia con due scene simmetriche di movimento.Nella prima Dante mentre si sta allontanando, viene guardato con stupore, a causa del suo corpo che proietta ombra , da alcuni negligenti;nella seconda un altro gruppo dell'Antipurgatorio mostrando uguale meraviglia, si muove verso i due viaggiatori, prima per mezzo dei due passeggeri, poi in una sfrenata corsa collettiva.
Il tema della salvezza conquistata in extremis, già emerso nell'episodio di Manfredi nel Canto III,viene posto al centro del racconto da uno solo dei tre personaggi che prendono la parola (Bonconte).
Dante dimostra il rispetto per il valore della persona umana non solo in negativo attraverso gli esempi di violenza,ma anche attraverso il comportamento nei confronti delle anime e la loro psicologia.Il tema è rappresentato in maniera estremamente concreta: una parte narrativa e una drammatizzazione di tre incontri esemplari. DESCRIVILI.

14 commenti:

IVE ha detto...

Ci troviamo vicino l’antipurgatorio,dove vi sono le anime negligenti,cioè coloro che si sono pentiti in punto di morte.
Virgilio invita le anime a parlare con Dante il quale,al suo ritorno nel mondo dei vivi,potrà chiedere suffragi per le loro anime. Molti si affollano ansiosi di dichiarare la loro condizione.
Uno di essi comincia a narrare la propria vicenda,si tratta di Jacopo del Cassero,ucciso nella palude fra Venezia e Padova,dai sicari di AzzoVIII signore di Ferrara.
Si fa avanti Buonconte da Montefeltro,morto nella battaglia di Campaldino ed ora dimenticato da tutti i familiari. Dante ricordando la vicenda di quest’uomo valoroso,lo sollecita a raccontare quale fu la sorte del suo corpo e come mai non fu ritrovato.Buonconte,allora,narra della disputa fra l’angelo e il diavolo per il possesso della sua anima e come il demone,sconfitto,abbia sfogato la sua ira provocando piogge che trascinarono il suo cadavere nell’Arno.
Infine,se ne fa avanti un terzo che,con un tono molto dolce,dichiara di essere Pia Di Tolomei,nata a Siena e morta in Maremma. Il breve racconto della donna si chiude con l’accusa nei confronti del marito riguardo la sua morte.

Manuela Stiro
IV E

IVE ha detto...

Nel canto quinto ritroviamo i nostri pellegrini nell’antipurgatorio. Alle pendici del monte incontrano una schiera di anime che si avvicina curiosa: sono le anime dei negligenti morti di morte violenta e pentiti in punto di morte. A suscitare la curiosità delle anime è il fatto che Dante sia vivo, cosa compresa dal fatto che il sole ne stampa l’ombra sul terreno. Tra queste anime tre raccontano la loro tragica fine a Dante. Il primo interlocutore è Jacopo del Cassero ucciso dai sicari del Signore di Ferrara Azzo VIII. Iacopo chiede a Dante di ricordare ai suoi parenti di pregare per lui affinché il tempo da trascorrere nell'antipurgatorio finisca. Successivamente un’altra anima chiede di pregare per lei: è Bonconte di Montefeltro. Morì nella battaglia di Campaldino, ma il suo cadavere non fu mai trovato. L'anima narra della sua cruenta morte e dell'invocazione a Maria per il perdono dei peccati. Morì a causa delle ferite riportate e il suo corpo restò dove l’Archiano affluisce nell’Arno. L’ultima anima che chiede a Dante di pregare per lei è Pia dei Tolomei la quale fu uccisa in Maremma. L’anima attraverso una perifrasi allude al suo assassino: il marito.
Elisa Miraglia IV E

IVE ha detto...

Dante e Virgilio lungo il cammino su per la montagna, vi incontrano alcune anime che cantano "miserere". Queste anime in vita ritardarono a pentirsi e ora aspettano con molta impazienza l'incontro con Dio. Chiedendo allo stesso Dante di ricordarli ai loro cari, affinchè questi possano dir loro delle preghiere cosicchè il tempo tanto atteso all'incontro con Dio si avvicini. Tre di queste anime, in questo V canto del Purgatorio sono molto vicine a Dante: Iacopo del Cassero, Bonconte da Montefeltro e Pia dei Tolomei.Anche Iacopo dei Tolomei chiede a Dante di portare la sue richieste di preghiera ai propri familiari nella città di Fano ed è certo che lo farà, a meno che alcune cause esterne non glielo impediscano. Qui fa riferimenti storici in cui dice che in quel periodo il regno di Napoli era in mano ai d'Angiò. Ne approfitta anche per parlare della sua tragica morte, avvenuta per volere di Azzo VIII,signore di Ferrara. Un altro personaggio è Bonconte da Montefeltro, il quale chiede a Dante ulteriori preghiere cosicchè possa arrivare prima alla vetta del Purgatorio. Dante così ne approfitta per chiedere all'anima notizie sul suo corpo, dopo la battaglia di Campaldino, visto che non fu più ritrovato, nonostante le continue ricerche.Così Bonconte indica il luogo dove il suo corpo giacque:il Casentino. L'ultima anima che chiede preghiere è Pia dei Tolomei. Anch'ella morta di morte violenta indica il luogo di nascita, Siena e dove fu uccisa, la Maremma, infine spiega che la causa della sua morte la sa solo il suo coniuge.

Valentina Bucalo IV E

IVE ha detto...

Nel quinto canto del Purgatorio dante e Virgilio incontrano una nuova schiera di anima: i morti di morte violenta che hanno atteso l’ultimo istante di vita per pentirsi dei peccati commessi in vita. In particolare si presentano ai due protagonisti tre di queste anime che sono Jacopo del Cassero e Buonconte da Montefeltro contemporanei di Dante, e Pia de’ Tolomei, figura caratteristica dell’intero canto. Il primo non si presenta a Dante, ma inizia a narrare la sua vicenda storica, precisando di essere originario delle Marche ( quel paese che siede tra Romagna e quel di Carlo, cioè Napoli) e i particolar modo della città di Fano. Grazie a queste informazioni possiamo identificare l’anima come quella di Jacopo del Cassero, che ci spiega di essere morto nel territorio di Antenore, cioè nel padovano per mano delle truppe del marchese d’Este Azzo VIII, a causa del tradimento dei padovani stessi che avevano acconsentito a proteggerlo per poi lasciarlo nelle mani degli estensi. Dopo aver raccontato con minuzia di particolari i dettagli della sua morte (corsi al palude, e le cannucce e’l braco, m’impigliar si ch’i’ caddi; e li vid’io de le mie vene farsi in terra laco.), si inserisce nel dialogo una nuova voce; questa, a differenza dell’ anima di Jacopo, ancor prima di narrare le vicende della sua morte, si presenta come Buonconte da Montefeltro (io fui di Montefeltro, io son Bonconte). Dante riconosce subito quest’anima in quanto, come lui, aveva partecipato alla battaglia di Campaldino, e subito lo interroga sulle sue sorti, ignote al resto delle truppe. Buonconte spiega che in fin di vita si trovava presso un affluente dell’Arno (l’Archiano), e che grazie al suo pentimento in punto di morte venne salvato da un angelo, che lo condusse nel Purgatorio allontanandolo da un diavolo dell’inferno; quest’ultimo, per ribellarsi a tale opposizione della provvidenza divina, decide di far addensare le nuvole sulla pianura dell’Arno in modo da causare un alluvione che trascina il corpo di Buonconte nell’Arno, negandogli così una degna sepoltura. L’ultimo personaggio presentato nel canto, solo in sette versi, è Pia de’ Tolomei. Nei primi quattro versi Pia chiede di essere ricordata ai vivi, per poi passare, negli ultimi tre versi, alla brevissima narrazione della sua biografia: nacque a Siena e morì in Maremma. In conclusione Pia allude al marito, lasciando un alone di sospetto nel lettore, che lo porta a meditare sulla misteriosa vicenda della sua morte, voluta molto probabilmente dal maritostesso, mosso da una profonda gelosia.

LEO LIZZIO IV E

IVE ha detto...

Il canto quinto si apre con due scene in movimento.
Nella prima Dante viene guardato con stupore da alcuni negligenti, nella seconda un altro gruppo dell'Antipurgatorio, mostrando altrettanta meraviglia, si muove in una sfrenata corsa verso i due poeti.
Come nel canto II le anime intonano un salmo, il Miserere che simboleggia il destino di queste anime la cui vita fu spezzata in modo crudele ma salvata per l'eternità nel momento fatale.
Tra le anime si presentano a Dante Iacopo del Cassero, bonconte di Montefeltro e Pia dei Tolomei.
Iacopo è ancora coinvolto nel ricordo della scena cruenta cui ha assistito e di cui è stato partecipe: da un latyo si rammarica, da politico e milutare quale fu, dell'errore strategico commesso; dall'altro vede la parte più nobile di se, il sangue sede dell'anima, mescolarsi alle canne palustri e al braco della palude fino a diventare un elemento dell'inanimata natura.
Bonconte, invece, deve essere sollecitato a rammentare la propria fine: anch'egli descire una scena in cui appare più come spettatore che come protagonista: prima appare il deserto della piana, solo dopo s'innalza la figura del cavaliere solitario appiedato e morente, che diventa oggetto passivo prima dell acontesa fra angelo e demonio e poi il fine ultimo della tempesta.
Pia, la terza anima incontrata dai poeti, è li perchè fu peccatrice, ma peccatrice pentita. Fu vittima di violenza, ma le sue parole sono solo d'amore: prima di tenerezza e di affetto quasi materni, poi di discezione nel domandare.

Rapisarda Emanuele IVE

IVE ha detto...

Il Canto V si apre trattando due tematiche che porta avanti fino all’ultimo verso. Il primo è il tema del corpo e della materialità, l’altro il tema della fermezza che l’uomo deve avere nel perseguire la virtù, dimostrando propositi chiari e regole sicure, tentando quindi di perdere la naturale fragilità che Dante nel corso del canto individua come intrinseca nell’uomo e anche nella sua storia. Queste tematiche vengono portate avanti nell’incontro tra Dante e un gruppo di anime tra cui si distinguono tre personaggi morti verso la fine del Duecento e quindi protagonisti di una civiltà comunale che ancora una volta Dante giudica negativamente in quanto caratterizzata da uomini violenti sempre in feroce conflitto, assetati di potere, incapaci di darsi un governo stabile. Il tema del corpo nei tre personaggi è dominante in quanto essi sono stati separati dal loro in modo violento, passando da una vita partecipe a questa violenza ad una pacificazione, infatti pentendosi sul punto di morte, hanno potuto raggiungere l’antipurgatorio e ora chiedono a Dante di fare per loro da tramite con il mondo per ottenere le preghiere che li porteranno a raggiungere la grazia di Dio. I tre personaggi sono Jacopo da Cassero, uomo che rivede ancora il suo sangue mescolarsi tra le acque, il fango e le canne della palude nella quale fu ucciso dai sicari di un suo feroce nemico; Bonconte di Montefeltro, soldato combattente nella battaglia di Campaldino che rivede il suo corpo straziato dalle ferite e ricoperto di sangue, quel corpo che non fu mai trovato poiché dopo che un angelo ebbe portato via la sua anima, il Diavolo pieno di ira scatenò una tempesta che lo seppellì tra i detriti dell’Arno; e l’ultima è Pia dei Tolomei, donna che racconta del suo matrimonio e lo pone in contrapposizione alla sua morte violenta, che svela avvenne per mano del marito. La figura di Pia dei Tolomei più delle altre è rappresentativa di quella società violenta. Dante nella sua descrizione raggiunge uno tra i momenti più poetici della sua Divina Commedia, riesce infatti a sintetizzare l’episodio ad una brevità essenziale e allo stesso tempo però a trasmettere musicalità e l’essenza di questa figura mite, discreta e riservata la sua storia d’amore e di violenza.
Maria Maccherone

IVE ha detto...

Concluso il quarto canto tra lo stupore e la meraviglia delle anime per l’ombra proiettata dal corpo del poeta fiorentino, il canto successivo si snoderà interamente sul tema del corpo e a questo rimarrà fedele fino alla fine. Tra spiriti in veste di esemplari rappresentanti di una società improntata sulla violenza e sugli scontri, Dante verrà intrattenuto in questo secondo balzo dell’Antipurgatorio da tre personaggi i quali epiloghi delle loro vite terrene si rispecchiano attraverso l’immagine dei loro corpi straziati e tormentati. Il primo,agonizzante,vede le acque della palude dilatarsi in un lago di sangue (il proprio sangue): si tratta di Jacopo del Cassero, guelfo di famiglia fanese nonché personaggio rilevante nella scena politica del suo tempo(1300), il quale a causa della sua irrefrenabile voglia di conquista, sarà vittima dell’odio di un nemico così feroce da farlo sgozzare tra il fango e le canne di una palude. L’incontro successivo con un personaggio animato ormai soltanto da un sentimento di pietà, non solo verso la propria persona ma anche nei confronti dei suoi persecutori, sarà quello con Bonconte da Montefeltro, impavido soldato e capo ghibellino,tra i protagonisti della battaglia del Campaldino del 1289 (alla quale prenderà parte lo stesso Dante) ove perirà. La sua anima oltre ad essere ormai straziata e sconfortata, preserva ancora gli ultimi intervalli della sua vita attraverso le ferite mortali e una lunga scia di sangue, ricollegabile alle orme di sangue lasciate durante il periodo comunale. Infine il terzo incontro costituente l’epilogo di un’altra tappa del viaggio dantesco, sarà quello con Pia dei Tolomei, simbolo di una femminilità pudica e riservata, collocata tra quei personaggi che conobbero l’infelicità per mano altrui e furono così destinati a sprofondare nell’oblio del loro inevitabile doloroso destino.

Francesca De Giorgio

IVE ha detto...

Sembra quasi esservi una sorta di parallelismo tra il canto quinto del purgatorio e il canto quinto dell'Inferno: stessa ara di nostalgia e angoscia, stesso narrare intenso da parte dei personaggi incontrati dal poeta "pellegrino", tra cui figura anche una donna, evento raro per le cantiche dantesche. Così come per Manfredi del canto III, anche Iacopo del Cassero, Bonconte da Montefeltro e Pia dei Tolomei fanno parte della schiera ddelle anime salvate in extremis, perite di morte violenta.
I personaggi non vengono in alcun modo descritti e la loro presenza per il lettore diventa soltanto una voce narrante, un 'ombra senza volto dotata di parola. Dante passa quasi in secondo piano, intervenendo attivamente soltanto una volta per chiedere chiarimenti e lascia così spazio alle anime-voci e alle loro vicende individuali che testimoniano manifestazioni diverse della violenza della società duecentesca.
Il primo a comparire sulla scena, fra le tante anime che intonano il Miserere, sarà Iacopo del Cassero. Il suo episodio viene individuato come la narrazione più realistica del canto: racconta dell'agguato dei sicari, frutto di probabile tradimento da parte dei padovani, sfociato per lui, vittima impotente, in una morte violenta e sanguinosa. Tuttavia questo personaggio non si presenterà mai per nome, ma la sua identità sarà rilevabile soltanto dalle sue parole.
D'altra parte chi si presenterà sia per nome che per casata sarà il personaggio successivo, ovvero Bonconte da Montefeltro. Si presenta come un uomo triste, si congeda con i treatti di un eroe: il suo racconto, ambientato in uno scenario medievale, ci informa come l'anima del combattente di Campladino sia stat contesa tra un angelo e il demonio. Essendosi arreso a Dio, Bonconte acquista inevitabilmente la salvezza: il diavolo si vendica così sul suo corpo, sfruttando la corrente di un fiume in piena per sciogliere dal petto del cadavere quel segno di croce che gli ha garantito la salvezza. Questo evento sarebbe inoltre la spiegazionedella scomparsa del corpo di Bonconte.
Eccoci infine alla terza voce, appartenente a Pia dei Tolomei, giunta quasi a mitigre l'intensità dell'atomosfera con la sua dolcezza femminea.
Fissati i luoghi che la videro nascere e perire (Siena e Maremma) espone la sua morte tragica avvenuta per mano del marito. Quest'ultimo racconto è sincetico, che lascia spazio alle interpretazioni del lettore,lettore che diventa infine così consapevole di come i tre personaggi siano da considerare in parte come tre espedienti per l'applicazione di tre differenti tecniche narrative.

Natasha! :D

IVE ha detto...

Dante e Virgilio si trovano nell'antipurgatorio e sulle pendici del monte incontrano una nuova schiera di anime che intona il salmo "Miserere". Esse sono le anime di coloro che sono morti di morte violenta e si sono pentiti solo in fin di vita. Vedendo Dante sono colte da stupore a causa del suo corpo che proietta ombra e hanno desiderio di sapere il motivo per cui egli, essendo vivo, si trova nel purgatorio.
Questi sopraggiungono verso i due per avere spiegazioni, attirando così l'attenzione del poeta, che viene richiamato da Virgilio, il quale non solo conferma alla schiera la condione di Dante uomo vivo, ma invita gli spiriti ad intrattenersi con lui, accennando alle possibili indulgenze che potrebbeo ottenere dall'incontro. Sentendo ciò le anime iniziano ad affollarsi attorno ai due poeti che, continuando a camminare, ascoltano il grido degli spiriti.
Uno di essi inizia a narrare la propria storia. Si tratta di Jacopo Del Cassero, ucciso nella palude vicina ad Oriago dai sicari di Azzo VIII, signore di Ferrara. Jacopo ricostruisce il suo racconto con esattezza, rendendolo il più realistico di tutto il canto. Dopo di lui si fa avanti un altro, Buonconte da Montefeltro, valoroso soldato e impavido combattente, morto nella battaglia di Campaldino ed ora dimenticato da tutti i familiari. Narra della disputa sorta fra l'angelo e il diavolo per il possesso della sua anima e come il demone, sconfitto, provocò piogge torrenziali che trascinarono il suo cadavere nell'Arno. Una terza anima chiede di pregare per lei una volta ritornato in terra: appartiene a Pia dei Tolomei che inizialmente fissa i luoghi fra i quali è racchiusa la sua esistenza, poi rievoca il momento del matrimonio e la morte tragica per mano del marito.
L'atteggiamento della donna nel raccontare la propria storia a Dante è distaccato e freddo, come a sottolineare il suo completo distacco dalla vita e dal mondo terreno. E' l'unica dalla quale traspare cortesia, chiedendogli di farle il favore di ricordarla in terra solo dopo essersi riposato dal lungo viaggio.

Sorbello Simona

IVE ha detto...

Continua il viaggio di Dante e Virgilio nell'Antipurgatorio. Il quinto canto si apre sul tema del corpo, le anime si meravigliano vedendo l'ombra di Dante e si fermano ad orsservare attirati dalla sua materialità. Così il poeta cede alla tentazione di sentirsi al centro dell'attenzione, ma viene subito richiamato da Virgilio il quale ammonisce l'uomo insicuro e vacillante, che non può giungere al suo fine.
Le anime si affollano intorno al poeta per essere ascoltate e riconosciute: sono tutti vittime di morte violenta che si affidarono alla grazia di Dio solo in punto di morte e, per essere stati negligenti nei confronti del pentimento, sono costretti a rimanere nell'Antipurgatorio tanti anni quanti furono quelli della loro vita. Questi spiriti vissero tutti allo stesso tempo di Dante, parteciparono alla vita dei loro Comuni e furono uccisi proprio per la loro attività politica. Per questo Dante, ancora una volta, si esprime negativamente nei riguardi dei Comuni. Riemerge in modo particolare al racconto del sanguinoso epilogo di una delle anime. Si tratta di Jacopo del Cassero, personaggio di notevole importanza per la politica del suo tempo, vittima dell'odio feroce dei suoi nemici. Adesso Jacopo è animato da pietà verso quella società violenta, madre dei suoi persecutori. Il ricordo del suo corpo straziato dalle ferite e del sangue che ne esce gli attraversa tuttora l'animo dolente. Questo stesso atteggiamento anima il secondo spirito che appartiene a Baconte di Montefeltro Buonconte da Montefeltro, morto nella battaglia di Campaldino ed ora dimenticato da tutti i familiari. Dante, ricordando la vicenda di quest’uomo valoroso, lo sollecita a raccontare quale fu la sorte del suo corpo e come mai non fu ritrovato. Dopo la storia di questi due spiriti, se ne fa avanti un terzo che, con tono dolce, dichiara di essere Pia dei Tolomei la quale inizia a narrare di se. Il brevissimo racconto della donna si chiude con due versi tragici e preziosi, che indicano nel marito il suo assassino.
La pietà non alimenta solo il racconto delle tre anime, ma anche lo sguardo con cui Dante giudica la storia degli uomini che vanno contro il volere di Dio. Il poeta non è più curioso, ma interessato al senso della storia umana. In questo canto vuole sottolineare che gli uomini spesso sono soggetti alla loro fragilità, sia perchè mal guidati si perchè sottomessi alle forze del male.

Sara Fichera

IVE ha detto...

Il canto V inizia con due immagini di movimento. Le anime di coloro che sono morti violentemente , in un’armonica coralità ,sospendono il “miserere”. Il canto invoca la misericordia divina ,per parlare con Dante, con la speranza che attraverso le preghiere si riesce ad accorciare la sofferenza. Un’anima ,nonché quella di Jacopo del Cassero (podestà di Bologna) narra la sua morte tragica. Il messaggio che l’autore ci vuole dare è la contesa politica ,derivata dall’essenza di un forte potere temporale. L’altra tematica narrata nel canto, è la contrapposizione tra l’odio umano che genera violenza(presente anche nella vicenda di Manfredi) . Nelle ultime ore di vita Jacopo è rievocato , quando già ferito assiste allo svanire della vita. Nelle sue parole non vi è rabbia verso il suo nemico ma solo nostalgia della vita terrena. Nella vicenda provocata dall’odio politico rientra anche quella di Bonconte,il quale muore nella battaglia di Campaldino (1289) combattuta tra i Guelfi e i Ghibellini. Bonconte difende il suo partito andando contro ,il guelfo , Dante. Il luogo dove si è svolta la battaglia è ricordato come luogo di morte. Ciò che angoscia di più Bonconte è che il suo corpo è stato segno di odio anche dopo la morte,ma il ricordo dell’incommensurabile misericordia divina lo consola. La lotta tra bene e male è descritta nella seconda parte , con la figura dell’angelo di Dio e del demonio.( Viene sviluppato il tema della misericordia divina) Il mistero avvolge la figura di Pia di Tolomei. Dante non conosce la causa della sua morte, seguendo le voci della gente, attribuisce la “colpa “ al marito. Anche questa vicenda rientra nel clima della violenza caratteristica della società del tempo. Il poeta descrive Pia in maniera lineare evidenziandone la femminile sensibilità. Il primo pensiero di Pia è il pellegrino a cui aveva chiesto di pregare per lei. Per la pena che il marito dovrà “scontare” non ce ne odio e ne rancore ma solo un po’ di malinconia per la sua vicenda terrena.


CULLURA’ ALESSANDRA IV E

IVE ha detto...

Il canto V si svolge nell'antipurgatorio e può essere considerato uno dei più importanti canti della Divina Commedia. I due viaggiatori,Dante e Virgilio giungono sulle pendici del monte, dove incontrano una nuova schiera di anime che intona il cosiddetto salmo "Miserere" non che un canto sacro che simboleggiava il loro tragico destino,quello cioè di essersi pentite nel momento fatale. Esse alla vista del poeta non tardano a venirgli incontro spinte dal forte desiderio di sapere il motivo per cui egli,essendo vivo, si trovava nel purgatorio. Ed ecco che gli quindi si accalcano con grandissimo disordine intorno a Dante,dove ognuno di loro narra la propria storia, di esser state salvate grazie al pentimento sincero dell'"ultim'ora".Leggendo il canto inoltre possiamo notare che il tema della salvezza occuperà uno spazio centrale soltanto in una delle tre anime negligenti che prenderanno parola nel canto e che tramite i loro racconti il poeta ci presenterà non solo le loro storie ma anche tecniche di narrazione diverse. Come vedremo però gli incontri si susseguono senza alcun fondamento narrativo,il poeta resterà in ascolto e parlerà soltanto per chiedere a Bonconte dei chiarimenti sulla misteriosa scomparsa del suo cadavere .Bonconte da Montefeltro racconta di esser appartenuto,quando era ancora in vita, alla casata dei Montefeltro e di esser morto dopo la battaglia di Campaldino dove da quel momento in poi il suo corpo non fu mai ritrovato. Un'altra anima che esporrà la propria storia è quella di Jacopo del Cassero ,che seguendo un ordine cronologico è il primo interlocutore di Dante,egli fu un personaggio di notevole importanza nei riguardi della società di quel tempo ma rimase vittima dei sicari di un suo accanito nemico. La terza e ultima voce a prender parola è infine quella di Pia de Tolomei la quale,come gli altri spiriti chiede a Dante di pregare per lei una volta ritornato in terra,questa enuncia con gentilezza e pacatezza il luogo in cui nacque,Siena e quello in cui morì,la Maremma.L'anima si serve inoltre di una perifrasi per alludere al marito ovvero il suo assassino. Per concludere possiamo affermare che questi tre penitenti appena citati sono tutti accomunati dalla figura del sangue che sottolinea l'atmosfera di estrema violenza che sussisteva in quel periodo.

GANCI SOANAH IV E

IVE ha detto...

Ci troviamo nel V canto del purgatorio il quale si apre con due scene : nella prima il capo di Dante cattura l’attenzione di alcune anime,nella seconda le anime si avvicinano stupite introducendo dei dialoghi. La prima, Iacopo del Cassero narra la vicenda della propria morte avvenuta nella palude vicino Origo dai sicari di Azzo VIII di Ferrara. Si avvicina una seconda anima, quella di Bonconte da Montefeltro, morto nella battaglia di Campaldino ed ora dimenticato dai familiari. Dante lo invita a parlare della sua vicenda, della fine fatta dal suo corpo mai più trovato dopo la morte. Bonconde risponde dicendo che il suo corpo venne trascinato nell’Arno a causa dell’ira del diavolo. Infine giunge Pia de Tolomei, peccatrice pentita, la quale fu vittima della violenza del marito che fu cause della sua morte.

Serena Romeo IV E

IVE ha detto...

Dante accortosi che le anime dei fraudolenti erano meravigliati dal vedere la sua ombra e quindi del fatto che lui era vivo, si ferma cedendo alla tentazione di essere al centro dell’attenzione. Ma venne subito richiamato da Virgilio, il quale rappresenta la voce severa della coscienza, che gli impone di proseguire. Successivamente si imbattono in un’altra schiera si anime che li circondano cantando il Miserere. Sono anime di persone che morirono di morte violenta e che in punto di morte si pentirono invocando il perdono divino. Dante li riconosce e scopre che appartengono tutte al suo stresso periodo e che parteciparono attivamente alla vita del comune. Essi sono, Jacopo da Cassero, che muore su commissione di Azzo VIII tiranno di Ferrara, ricordando, con tono di distaccata memoria, il momento della sua morte, egli vede dilatarsi le acque della palude con il suo sangue; Buonconte da Montefeltro, spento nella battaglia di Campaldino, ricorda le sue ferite, come se raccontasse una favola. Inoltre il suo cadavere scomparve sotto le acque in piena dell’Arno, poiché un angelo prese la sua anima portandola via, e a causa di ciò il demonio si vendicò sul suo corpo; in fine troviamo Pia dei Tolomei che espone la sua vicenda con un velato sospiro ricordando i momenti culminanti della sua vita, ossia il matrimonio, come momento di pace e la morte, giunta per mano di colui che doveva assicurarle la vita attraverso l’amore. Tutte e tre le anime hanno lo stesso atteggiamento, cioè la pietà, anche per coloro che li hanno uccisi. Essi si trovano nella stessa condizione delle altre anime e per ciò vogliono essere ricordati affinché la loro pena diminuisca e possano giungere più facilmente all’assoluzione dei loro peccati. La tragedia di sangue che si concluse con la loro morte è sia un collegamento alla vita terrena e ai mali sviluppatisi nel periodo sia il momento della loro conversione e quindi la redenzione delle colpe.
Laura Pennisi