venerdì 20 marzo 2009

Canto XVI





Nel Canto prevale la componente meditativa, con la quale Dante affronta un nodo cerntrale dell'opera e del proprio pensiero: il rapporto tra morale e politica. Chiarisci in che modo quest'argomento si collega con l'invettiva del Canto VI e, più in generale con la realtà storica del tempo dopo aver letto il commento "I due soli".

4 commenti:

IVE ha detto...

Dante e Virgilio si trovano nella terza cornice del Purgatorio, dove scontano la loro pena gli iracondi.
La loro punizione consiste nel vagare avvolti da un fumo denso, acre e irritante e Dante stesso è partecipe di questa pena; l'ira è infatti uno dei tre peccati dei quali il poeta ritiene di essersi macchiato.
Continuando il loro viaggio tra il fumo che Dante definisce come un panno ruvido, per il dolore che provoca alla vista, si odono delle voci che cantano all’unanimità.
Tra queste anime Dante interloquisce con Marco Lombardo, un uomo di corte del XII secolo.
Esso chiede al poeta di intercedere per lui in paradiso con le preghiere e si offre di guidarlo attraverso il fumo verso la prossima cornice.
Nel canto è trattato l’argomento della corruzione umana e della Chiesa.
Se il mondo non segue la retta via la colpa è solo negli uomini. L’anima è stata creata da Dio, che l’ha contemplata prima ancora della sua esistenza, e si comporta come una fanciulla, alternando momenti felici e momenti tristi senza motivo. Essa, ignara di tutto tranne di essere stata creata da Dio, si rivolge a tutto quello che le reca più felicità (filosofia scolastica e San Tommaso d’Aquino). All’inizio assapora i piaceri, poi, credendo di non poterne fare a meno, cerca in tutti i modi di raggiungerli se ciò non viene impedito da qualcuno che la rimandi sulla retta via, la via dell’amore. Per questo motivo, per frenare l’impulsività dell’animo e per guidarla verso il bene, sono state inventate le leggi (Imperatore) ed è necessario un supervisore che vegli sulla Chiesa (Papa). Quest'ultimo però "rugumar può, ma non ha l'unghie fesse", ovvero possiede la capacità di interpretazione delle scritture ma non possiede la "dicretionem boni et mali", ovvero non riesce a distinguere il bene dal male. Da qui il popolo, che vede la sua guida nutrirsi di beni terreni, è tentato a seguire il suo pastore, autore della "mala condotta".

Rapisarda Emanuele.

IVE ha detto...

Gli argomenti affrontati,quali la decadenza morale e civile del periodo e le cause che ne hanno segnato l’inizio, fanno di questo canto lo spartiacque della divina commedia tra la storia e i valori terreni e quelli eterni. Proprio a quest’ultimo tema Dante rivolgerà d’ora in poi sempre maggiore attenzione, parlando sia del destino ultraterreno dell’uomo che del percorso verso la salvezza che ognuno deve intraprendere. Il personaggio principale di questo canto, Marco Lombardo, è di poco rilievo a livello storico, ma sicuramente fondamentale per il dialogo etico-politico che intrattiene con Dante. Il nucleo centrale della loro conversazione è infatti la ricerca di una soluzione alla decadenza nonché al disordine sociale e morale che ha coinvolto ormai anche la sfera religiosa. Lo squilibrio e i mali della società (qua espressi tramite il commento dei due soli ovvero delle due autorità supreme, Papa e Imperatore),ci riportano al canto sesto e all’invettiva che il poeta fiorentino rivolge non solo generalmente all’Italia, ma anche a Firenze, alla Chiesa e all’ Impero. Nella prima parte del suo discorso Marco Lombardo aveva infatti confermato il disordine in cui si trovava la società del tempo di Dante e nella seconda parte ne specifica invece la causa, avendo la Chiesa “illegalmente” riunito in sé due poteri:temporale e spirituale. Il poeta proporrà a questo punto una soluzione a tale problema, sostenendo che questi due poteri debbano mantenere una certa autonomia l’uno dall’altro e operare entrambe con l’obiettivo di indicare agli uomini la strada della felicità terrena e la strada della felicità eterna.

Francesca De Giorgio
Laura Pennisi

IVE ha detto...

A far da contesto al canto è un paesaggio dall'aria infernale: ambientata in uno spazio privo di luce, la cornice è difatti avvolta da una coltre densa di fumo e funge da ospite per e anime degli iracondi. Questi ultimi si ritrovano così ottenebrati nella vista come fu ottenebrata, in vita, la loro ragione dall'ira.
Fra le anime assorte anche qui nella preghiera, figura quella del cortigiano e moralista Marco Lombardo, passato a miglior vita nel XI secolo.
Il Lombardo, così come tutte le altre anime del Purgatorio, chiede a Dante di intercedere per lui con le preghiere. Dal suo canto, il sommo poeta approfitta della personalità che si ritrova dinanzi per chiarire: se fosse a causa del destino o della stessa natura dell'uomo ad aver dato origine ad una così corrotta società. Questo interrogativo,cruccio principale dell'autore fiorentino, diventa la tematica principale del canto e richiama il tono delle invettive dei canti sesto del Purgatorio e dell'Inferno. La prima parte della risposta di Marco ha del filosofico: l'uomo difatti tende ad attribuire agli spostamenti degli astri le cause degli eventi,dimentico del privilegio di cui è dotato ovvero il libero arbitrio. Di conseguenza, non è il destino il colpevole,ma l'umanità stessa , in piena volontà e consapevolezza delle proprie azioni, ad essere responsabile della corruzione del genere umano. né è prova il fatto che nonostante esistano leggi in grado di sanare la situazione nessuno di impegna nel rispettarle o nel farle osservare. Proseguendo su questa linea, Dante fa riprendere a Marco un argomento già analizzato in altri testi, quali il Convivio e la Monarchia: la dottrina del buon governo. Secondo quest' ultima, Dio dette all'umanità due guide, due soli, tale che essa,seguendo il loro esempio, fosse in grado di distinguere il ben dal male sia nell'ambito spirituale che nell'ambito temporale. Ma queste due guide, rispettivamente papa e imperatore, invece di tenere le redini della situazione in modo pacifico, intrapresero una duratura lotta per la detenzione de potere. I loro due campi d'azione, di conseguenza, si compenetrarono l'un l'altro, come se la “spada”fosse assimilata al “pastorale” e viceversa. La mancanza di un buon esempio da seguire e di un governo in grado di garantire stabilità, ricade sull'uomo la ragione che “'l mondo ha fatto reo”.
La più funzinale soluzione, secondo Dante, sarebbe infine un ritorno all'terogeneità dei due campi.

Natasha

IVE ha detto...

Al canto XVI del Purgatorio ci troviamo alla terza cornice, dominata dalle anime peccatrici degli iracondi. Questi in vita sono stati accecati più volte dall’ira, che gli offuscava la mente e la ragione. Proprio per questo motivo la legge del contrappasso li condanna a procedere, nel loro cammino di purificazione e penitenza, immersi in una coltre di fumo e nebbia che li soffoca e li acceca. Inoltre per accentuare il loro spirito penitente intonano l’Agnus Dei e hanno visioni estatiche che rappresentano esempi di ira punita. Dante giace nella stessa condizione di queste anime e quindi a causa dell’impossibilità di vedere si affida unicamente alla sua guida. Con lui incontra l’anima protagonista del canto: è quella di Marco Lombardo. Dante in primo luogo lo supplica di colmargli un dubbio che lo tormenta da tempo: gli chiede se le cause del male e delle azione umane in generale dipendono dall’influenza celeste o unicamente dalla libera volontà dell’uomo. Lombardo risponde che se dipendessero dai cieli all’uomo sarebbe negato il libero arbitrio, e non esisterebbe pertanto il bene e il male, derivati dalla volontà di prendere decisione giuste o sbagliate che esse siano. L’uomo quindi è del tutto libero, e questa libertà lo spinge a correre dietro piaceri falsi e infondati. È proprio da qui che scaturisce la necessità della presenza di un sovrano e di una legge ferrea che moderi questi naturale tendenza umana prima che essa diventi incontrollabile ed irrefrenabile. Partendo da tale constatazione Lombardo comincia la sua più accesa critica delle società italiana del periodo di Dante, e in particolare i rapporti conflittuali che vi erano tra Stato e Chiesa, che hanno portato al malgoverno e alla crisi politica delle istituzioni comunali. Questa critica, che può ricollegarsi all’invettiva fatta da Dante al canto VI, si può riassumere nella teoria dei due soli: questi rappresentano la sfera del potere imperiale e quella religiosa che una volta entrate in conflitto tra loro sono giunte ed elidersi a vicenda, apportando distruzione e corruzione. Così è stato quando “Federigo” entrò in conflitto col Papa e così sarà sempre finché al potere non ci saranno uomini virtuosi ispirati dagli antichi usi di valore e cortesia (Corrado da Palazzo, Guido da Castello e il buon Gherardo).

Bucalo Valentina, Lizzio Leonardo, Romeo Serena, Stiro Manuela
Classe IV E