Predomina la figura dell'intellettuale cortigiano e una cultura dell'esercizio disinteressato per il signore e per una cerchia ristretta di letterati e uomini di corte in lingua latina e Volgare.L'intellettuale è ambasciatore per una cultura dell'otium letterario e della crescita morale. La cultura è subordinata al potere politico.Delineate gli aspetti più salienti attraverso i testi studiati.Trasferite il post e i link nel blog di classe
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Il ‘300 e il ‘400 sono due secoli che furono caratterizzati da una profonda crisi (economica e sociale) e da innumerevoli trasformazioni: infatti, a causa del declino del comune (una forma di autogoverno che aveva caratterizzato questi periodi) si insediarono le signorie. La causa principale che portò al fallimento del comune fu l’incapacità di ampliare la partecipazione del popolo: infatti la vita politica era controllata da un numero ristretto di persone che spesso entravano in conflitto tra di loro. Si affermarono anche gli Stati nazionali (in Francia Inghilterra e Spagna) e gli Stati regionali. Proprio in questo contesto si sviluppa una nuova concezione laica dello stato, opposta alle dottrine teocratiche medievali. La separazione netta con il pensiero medievale, fu compiuta dal pensatore Marsilio da Padova, dove nella sua opera ”Defensor pacis”, (ritroviamo la nuova concezione laica) spiega che l’autorità del sovrano non deriva da Dio ma dalla volontà dei cittadini. L’intellettuale diventa anch’esso laico: non si occupa più di letteratura per impegno politico o religioso ma per professione. Questo periodo dominato da un forte senso di crisi si concluse intorno agli inizi del 1500 con quel periodo che viene chiamato “Rinascimento” dove si ebbe una grande rifioritura soprattutto dal punto di vista culturale.
Elisa Miraglia III E
L’autunno del Medioevo si apre, facendo riferimento alla situazione italiana, con la crisi delle più importanti istituzioni del tempo, quali il papato e il comune: il primo subisce ancora le conseguenze del precedente scontro tra Federico il Bello e Bonifacio VIII (con lo spostamento della sede papale da Roma ad Avignone), mentre l’altro, a causa di una disgregazione al suo interno tra la massa popolare e la stretta oligarchia che deteneva il governo della città, affronta un periodo di ingovernabilità (placato in parte dall’insediamento di nuove istituzioni come il podestà e le signorie al vertice del governo cittadino).
A causa di questo periodo di crisi ed indebolimento, in Italia non si riesce a dar vita ad uno Stato unitario, su modello della monarchia francese o inglese( affermatasi invece a seguito della lunga ed aspra guerra dei cent’anni); nella penisola italiana si creano pertanto degli stati regionali, all’interno dei quali l’unica forza capace di contrastare la potente classe aristocratica era la borghesia, e dove inoltre stava iniziando ad affermarsi una concezione laica dello stato.
Quest’ultima, insieme al nuovo pensiero politico, si rifà alle opere di Aristotele, l’Etica nicomachea e la Politica, le quali, dopo una serie di traduzioni, svelano le opinioni del filosofo greco.
Aristotele sostiene che l’uomo è un animale politico e il modo con cui egli organizza la propria vita terrena deve essere valutato al di fuori di ogni concezione religiosa, portandolo quindi a considerare il potere politico come prodotto della natura di cui si deve servire mediante la propria ragione.
Nonostante questa idea si opponga radicalmente alla tradizione teocratica, secondo la quale il potere politico è conseguenza del peccato umano e pertanto un male inevitabile, a difendere la tesi del filosofo troviamo alcuni tra i più importanti pensatori politici del trecento, come per esempio Marsilio da Padova e Giovanni Villani.
Il primo, influenzato dalla cultura averroista protagonista nell’Università di Padova (dove compie i suoi studi) e dalla struttura della monarchia nazionale francese (dove diventa poi rettore di un’università parigina), elabora nella sua opera Defensor Pacis, una nuova teoria politica secondo la quale il sovrano non riceve la propria carica dal papa, bensì dalla volontà dei cittadini (universitas civium).
Il cronista Villani, affrontando invece eventi relativi alle sue esperienze personali, da’ vita ad un pensiero estremamente concreto ed oggettivo riguardo la contemporaneità, condannandone alcuni sentimenti quali la follia e la cupidigia, presenti negli operatori finanziari del tempo e nelle loro azioni, tematiche che prevalgono soprattutto nella sua opera intitolata Cronica.
Oltre all’affermarsi di nuove idee politiche e una nuova opinione laica sullo stato e sul potere, intorno alla seconda metà del trecento, si fanno avanti le prime rappresentanti della scrittura femminile, mosse dalla determinazione di una grande fondatrice di questa nuova corrente letteraria, Caterina da Siena, e dalla sua partecipazione alle vicende del proprio periodo. Entrata, all’età di diciotto anni, nell’ordine laico delle mantellate, rivela attitudini e qualità riconducibili all’idea di intellettuale impegnato nella società. Per analizzare a fondo i suoi scritti, bisogna considerare tre elementi fondamentali: l’impegno civile e politico, in quanto Caterina si batte per l’unità della cristianità, la fine delle guerre tra gli stati cristiani e il ritorno della sede papale a Roma, il misticismo, (concezione di quest’ultimo, però, diversa da quella generale) tendendo a porre in primo piano il tema dell’incarnazione di Cristo e dell’unità di umano e divino, ed infine le modalità della scrittura e il genere epistolare, ovvero la mediazione dei testi da parte di una figura maschile, a seguito del divieto posto dalla Chiesa, secondo il quale la donna non poteva dedicarsi alla scrittura, e il legame, nelle sue opere, all’esperienza autobiografica e all’indagine introspettiva
Nonostante questo impedimento a non poter esprimere a pieno ed autonomamente la propria identità, Caterina riuscirà ad avere un’importanza fondamentale nel ruolo di intellettuale e voce della cultura del suo tempo.
Francesca De Giorgio
IIIE
Il ‘300 e il ‘400 sono visti dagli storici come un periodo di passaggio tra “l’oscuro” periodo medievale e lo splendore del Rinascimento italiano, con la riscoperta dei classici greci e latini del tutto abbandonati nel periodo precedente. Questo periodo segna inoltre l’inizio della formazione degli stati moderni, che dopo innumerevoli lotte politiche, iniziano a delineare le proprie basi: vediamo nascere la Francia, l’Inghilterra, la Spagna e altri piccoli, ma non meno importanti stati. In Italia la situazione è differente: qui abbiamo un’alta frammentazione territoriale che non favorisce la nascita di una monarchia Nazionale. Questi problemi vengono trattati anche nella letteratura del tempo; celebre esempio è la “Monarchia” di Dante, in cui il sommo poeta spiega la necessità di una monarchia assoluta. In Italia, inoltre, continua a permanere l’istituzione comunale, che però risulta sempre più indebolita e lascia pian piano il posto a una nuova forma di potere: la Signoria. Quest’ultima consiste in un potere di tipo assoluto, detenuto quindi da un unico individuo, il signore, che amministra e governa una città e il suo contado. I signori, che per la maggior parte delle volte provenivano da famiglie nobili, amavano vivere nel lusso e rendevano le proprie residenze veri e propri centri culturali accerchiandosi di poeti, pittori, scultori, musicisti; più erano gli artisti a palazzo più prestigiosa era la famiglia. Questo nuovo fenomeno, chiamato Mecenatismo, contribuirà allo sviluppo artistico del Rinascimento e ad arricchire il patrimonio artistico italiano. Col mecenatismo, per quanto riguarda l’ambito letterario, vediamo una progressiva laicizzazione e di conseguenza un allontanamento dal teocentrismo che aveva caratterizzato l’intero Medioevo. Anche i temi trattati si allontanano dal religioso; cominciano a comparire le prime cronache, che rappresentano dei veri e propri reportage giornalistici del tempo. Un esempio di “cronica” è quella di Giovanni Villani, che narra della rovina della prestigiosa banca dei Bardi e dei Peruzzi e la successiva crisi all’interno della città di Firenze. Con la laicizzazione della letteratura la figura del letterato, che fino a questo momento era sempre rimasta collegata all’ambito religioso, inizia a prendere forma riuscendo a creare un vero mestiere di cui si occuperà a tempo pieno.
Il Trecento si caratterizza per una crisi di potere, infatti i comuni sono in netto declino e ci si avvia alla nascita delle signorie. Vista l’incapacità del podestà di risolvere le tensioni dentro il comune, nasce la figure del signore, il quale viene investito dal basso.
In questo periodo in campo letterario, nasce una concezione laica. Gli intellettuali sono dei cortigiani che non si occupano più di letteratura solo per impegno religioso o politico o per diletto, ma per professione.
Essi tendono a diventare puri letterati e concepiscono la loro attività: un’attività prestigiosa. Cercano di stabilire dei rapporti personali con i signori attraverso uno scambio: i signori offrivano ospitalità e protezione, gli scrittori in cambio davano la loro illustre presenza alle corti. Questi nuovi intellettuali, infatti, si rivolgono esclusivamente ad un pubblico dotto, il quale è in grado di apprezzare il classico. Tra gli intellettuali del periodo troviamo Marsilio da Padova, che propone la concezione laica dello Stato, infatti secondo Marsilio, il sovrano non deve la sua autorità all’investitura laica, ma alla volontà del popolo.
Valentina Bucalo
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